Testimonianza per il 40° anniversario dell’uccisione di Roberto Franceschi – 23 gennaio 2013
Sono stato uno degli assegnatari del Premio Franceschi 1992, ritirato nel gennaio 1993: la mia tesi trattava un argomento molto “critico” per molti Paesi in via di sviluppo, e cioè l’uso dei fondi economici ricevuti dall’estero per sostenere le spese militari; proprio per il tema trattato e le conclusioni ottenute, ho partecipato con grande entusiasmo al Bando di quell’anno.
Il Premio per me ha avuto un importante significato nell’ambito del mio percorso professionale.
Di sicuro mi ha dato una spinta emotiva e positiva per approcciare nel modo giusto il mondo del lavoro: credo che fornire la possibilità ad un giovane neolaureato di ricevere una gratificazione importante, e così profondamente simbolica, sia cosa lodevole e ultimamente sempre più rara.
In secondo luogo, oggi rappresenta per me un legame importante con la mia Università e con un mondo, quello della ricerca economica, che per una serie di motivi professionali ho abbandonato per entrare nell’ambito aziendale.
Per me il Premio deve essere un insegnamento, un elemento che trasmette valori profondi: impegnarsi nel proprio lavoro a fondo, lavorare “dentro” la società e “per” la società, fornire un esempio positivo e costruttivo a chi ci chiede un consiglio o un aiuto.
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