La (ri)forma della città

Una singolare presenza di volumi da poco nelle librerie fornisce elementi a una riflessione sulla definizione di spazi e modi della convivenza. A partire da un dato: questa è l’ epoca dell’Urbanocene, tanto è vero che il pianeta si definisce spesso (per concentrazione di abitanti, produzione di rifiuti, sviluppo di energie culturali, capacità attrattive) una rete di metropoli. La conseguenza? I nuovi conglomerati non saranno solo tecnica e calcestruzzo, ma soddisfazione di desideri e connessione di comportamenti di quella che è un ’ evoluzione dell’Homo sapiens: l’ «essere urbano»

La Casa Mondo

Per il filosofo Emanuele Coccia le nostre dimore non sono solo un tetto sotto cui ripararci. Sono un artefatto per «addomesticare» il mondo e accoglierne la porzione che ci rende felici: persone, animali, cose…Solo che nell’Antropocene la Terra l' abbiamo addomesticata tutta: l'intero pianeta è diventato casa. Così saltano Stati, città, divisione pubblico-privato…

Così nascono e muoiono le città (cioè le civiltà)

Benché assai diverse da quelle di oggi, le antiche metropoli sono servite da modello per gli architetti e, sul piano politico, peri filosofi illuministi, dice lo storico Greg Woolf. Molte di esse hanno visto vari cicli di crisi e ripresa che inducono a riflettere sul futuro del nostro sistema occidentale. Che, come illustra Roberto Volpi nelle due pagine successive, è minacciato soprattutto da una denatalità che può portarci a un drammatico crollo

Vetro o lamiere Il futuro urbano dell’Africa

Eserciti di persone premono ogni giorno alle porte delle città, le metropoli s'ingrossano spesso in modo caotico affiancando grattacieli avveniristici (stile Dubai) ad agglomerati poveri e poverissimi. Ne parliamo con la sindaca di Freetown (Sierra Leone), con un regista angolano in concorso al Festival di Milano, con un'architetta di Addis Abeba, con un urbanista che lavora a Nairobi per l'agenzia Onu-Habitat. «Dobbiamo riprogettare la casa e l'uso della terra, il tempo per evitare il disastro sociale ed ecologico sta scadendo

Europa, città aperta

L’emergenza legata al coronavirus ha suscitato una nuova riflessione sulle città, prima spogliate degli abitanti a causa del lockdown, poi rianimate con qualche titubanza; allo stesso modo si è imposto un modo nuovo di abitare gli spazi pubblici: all’aperto come piazze e strade; chiusi come scuole, teatri e anche ospedali. Renzo Piano è l’architetto-totale (ma ama definirsi anche architetto condotto, come il medico umanista di una volta) che più di tutti ha ripensato i rapporti tra città— centro e periferie— e campagna, tra urbanizzazione e natura. In questa lunga conversazione con «la Lettura», summa e manifesto della sua riflessione intellettuale, alla vigilia dell’inaugurazione del ponte di Genova, svela una visione urbanistica (cioè felicemente politica) dell’Europa: non più continente,ma «una città unita»da idee e trasporti, reti ferroviarie e reti del pensiero