Le stagioni della nostra paura

Lo Spread ci ha cambiato l’umore, la siccità ci ha allarmato, la crescita demografica mondiale (e, contemporaneamente, la bassa natalità italiana) ci ha demoralizzato, il terrorismo islamista ci ha inquietato...E poi l’ecologia, e il nucleare...E ora il coronavirus, che rischia di trasformare ogni starnuto su un treno in «Cassandra Crossing». Viviamo circondati da una retorica apocalittica che ha inquinato tutti gli spazi di discussione

Evviva Geppetto padre di tutti noi

Alla vigilia della festa del papà (19marzo), in una drammatica coincidenza con l’esplosione del coronavirus, un papà (Massimo Gramellini, ipocondriaco matricolato, autore di un libro che racconta la sua «gestazione») scambia alcune lettere con un carissimo amico,scrittore anche lui, Emanuele Trevi, che ha deciso di non fare figli e si è riconosciuto— ahi!— nella figura di «Norberto», il confidente che non intuisce la novità nella vita dell’amico e continua imperterrito a tessere l’elogio della sterilità. Da qui nasce una doppia riflessione sulla paternità e sulle paure più o meno giustificate

L’infodemia e i tre conflitti che stanno favorendo l’ansia da Coronavirus

L’arrivo del Coronavirus in Italia e la conseguente proiezione del nostro Paese al centro dell’attenzione mondiale per il numero di contagi al momento verificati (terzi al mondo dopo la Cina e la Corea del Sud, primi in Europa) hanno generato una diffusa reazione di paura, ansia, se non addirittura panico in segmenti significativi della popolazione.

Decide il South Dakota New York non conta!

Jay McInerney, il più grande «biografo» di New York, racconta a «la Lettura» che cosa sta succedendo all’America. «La verità è che questa città non ha niente a che fare con il Midwest o il Sud degli Stati Uniti. Dovrebbe stare in mezzo all’Oceano Atlantico, non qui dov’è. Trump quattro anni fa ha vinto perché il South Dakota, che ha un decimo degli abitanti di New York, vale inspiegabilmente di più»