La discrezionalità degli operatori sociali nel modello di accoglienza per le persone senza dimora: dilemmi, tensioni, vincoli
La ricerca si situa nel contesto generale del sistema di welfare italiano caratterizzato da interventi a contrasto della povertà frammentati e categoriali al punto che Saraceno (2015) afferma che la povertà nel nostro paese è una questione che non è mai stata affrontata. Tali caratteristiche sono esacerbate per quel che riguarda le politiche che si propongono come strumenti di lotta alla grave emarginazione. Le Linee di Indirizzo per il Contrasto alla Grave Emarginazione Adulta in Italia, primo documento programmatico ufficiale a livello nazionale, sono state ratificate per la prima volta soltanto nel novembre del 2015.
Dal punto di vista degli attori responsabili della protezione sociale abbiamo un panorama variegato e in trasformazione. Seguendo la ricostruzione effettuata da Caselli (2015) – che ripercorre i cambiamenti del sistema di welfare italiano negli ultimi 25 anni – evidenziamo due elementi utili al nostro contesto: l’istituzionalizzazione del non-profit a partire dagli anni Novanta e, con l’inizio della crisi del 2008, gli ingenti tagli alle politiche sociali. Come conseguenza della riduzione dei fondi si registra un consistente aumento dei servizi dati in gestione dal pubblico al Terzo Settore. Allo stato come unico responsabile della provvigione dei servizi nell’ambito della protezione sociale si affiancano, dunque, con un’importanza sempre crescente, numerosi e diversificati attori che portano con sé specifiche visioni e discorsi sul contrasto alla povertà. Al punto che potremmo parlare di contrasto alle povertà.
In questo quadro la discrezionalità assume un’importanza fondamentale. Nello specifico il progetto si propone di analizzare l’esercizio della discrezionalità professionale da parte degli streetlevel bureaucrats, ovvero degli operatori maggiormente a contatto con l’utenza (Lipsky, 1980/2010). In base a quali elementi gli operatori effettuano le proprie scelte? A quali tensioni sono sottoposti? Quali sono i fattori sul piano sia macro sia micro che producono discrezionalità? Se e come quest’ultima influenza la “capacità di aspirare” (Appadurai, 2004) delle persone che si trovano a usufruire dei servizi forniti dagli operatori street-level?
Come gli operatori a contatto con l’utenza riescono a mediare tra tali tensioni e come prendono le decisioni è il nostro interrogativo. Il presupposto da cui parte la ricerca è quello secondo cui le istituzioni sono contesto e prodotto degli attori sociali che ne riproducono le strutture introducendovi elementi di mutamento (Giddens, 1984; Crozier, 1963).
Il problema più generale entro cui si inserisce l’interesse scientifico della presente ricerca è la condizione di non uniformità, di disuguaglianza, nell’accesso ai diritti. Ci si propone dunque di indagare a quali livelli si giochi tale accesso e quali fattori concorrano a favorirlo oppure ostacolarlo.
Le interazioni tra gli operatori e i beneficiari risultano infatti strategiche per poter cogliere la portata effettiva delle politiche. Per contro, l’analisi delle politiche solitamente si attesta esclusivamente sul livello normativo o comunque assume per lo più una prospettiva top-down, caratterizzata da una concezione della burocrazia à la Weber, dunque con funzioni meramente esecutive (Saruis, 2013). Il focus sulle interazioni tra gli attori coinvolti nel processo di implementazione è perciò un primo aspetto di rilevanza insito nel progetto. Da qui discende anche un secondo aspetto importante, che è quello di mettere in luce la politicità del ruolo dei social workers, concependoli come tutt’altro che meri esecutori di interventi stabiliti a monte. Si tratterà allora di indagare il modo in cui le strutture sociali «interferiscono con i bisogni, le capacità e le aspirazioni delle persone» (Fassin, 2014, p. 103).
Alla luce di queste considerazioni la ricerca si focalizzerà sul modello di accoglienza rivolto alle persone senza dimora nella città di Torino. La scelta è motivata dal fatto che gli interventi previsti per gli homeless sono fortemente discrezionali e lasciati all’iniziativa delle singole amministrazioni locali. Per il carattere residuale che assumono gli interventi rivolti a questa popolazione senza visibilità né voice (Hirschman, 1970/2002) si tratta di un ottimo punto di osservazione rispetto alla discrezionalità e, in generale, all’accesso ai diritti. In seguito alla crisi del 2008 e agli ingenti flussi migratori, inoltre, la popolazione dei senza dimora, già variegata, è cambiata molto. Sono aumentati i numeri e accanto a quelli che potremmo definire clochard classici, si sono affacciati ai servizi persone appartenenti al ceto medio impoverito, migranti, giovani in condizione di fragilità. La trasformazione dell’utenza mette a dura prova la mission dei servizi e degli operatori, che si trovano a fronteggiare nuove esigenze e, inoltre, sfida le rappresentazioni classiche rispetto a chi sono i senza dimora.
A livello complessivo possiamo affermare che l’apporto della ricerca, dal punto di vista delle indicazioni di policy, riguarda la garanzia dell’accesso ai diritti di cittadinanza, e l’indicazione di prestare particolare attenzione a quel che avviene al livello dell’attuazione. Dal punto di vista della rilevanza per la comunità scientifica, invece, si tratta di sostenere che la sociologia è una disciplina fondamentale per l’analisi delle politiche e delle organizzazioni. Grazie ai suoi strumenti teorici e a tecniche di indagine specifiche, è infatti in grado di svelare il ruolo chiave giocato dalle interazioni tra le istituzioni, gli homeless e gli operatori sociali, dai loro atteggiamenti, credenze, vincoli, dalla cultura organizzativa degli enti coinvolti per analizzare l’impatto effettivo delle politiche.
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