I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ai tempi del Covid-19, quali sfide per il futuro?

ragazzino con mascherina

Il Gruppo CRC pubblica in occasione del proprio ventennale e della giornata internazionale per l’infanzia e l’adolescenza l’11° Rapporto di monitoraggio sull’attuazione della Convenzione ONU sui diritti dei minori in Italia. Nel Rapporto, alla cui redazione ha contribuito anche la Fondazione Roberto Franceschi, si è provato a recepire l’impatto che la pandemia sta avendo sui quasi 10 milioni di bambini e adolescenti che vivono nel nostro Paese

Il Gruppo CRC celebra il suo ventennale e pubblica l’11° Rapporto CRC in un momento particolare in cui è in corso la seconda ondata pandemica che sta portando tutte le regioni italiane verso nuove restrizioni. Nel Rapporto, alla cui redazione hanno contribuito 135 operatori delle 100 associazioni che fanno parte del Network, si è provato a recepire l’impatto che la pandemia sta avendo sui quasi 10 milioni di bambini e adolescenti che vivono nel nostro Paese.

Fin dall’inizio dell’emergenza da Covid-19, il Gruppo CRC ha messo in evidenza come la crisi avrebbe colpito duramente anche i bambini e gli adolescenti, soprattutto coloro che vivono in contesti e situazioni di fragilità e in condizioni di svantaggio economico, educativo e socio-relazionale. Lo ha fatto tramite i propri editoriali, forte della consapevolezza che deriva dal lavorare sul campo. All’inizio della pandemia il Gruppo CRC aveva denunciato come le persone di età minore fossero rimaste invisibili alle istituzioni, perché di loro si era parlato solo come “figli”, “alunni” o come possibili fonti di contagio e non invece come titolari di diritti, senza pianificare un’azione strategica. Oggi al centro del dibattito ci sono le priorità da individuare nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per poter accedere ai finanziamenti del Fondo Next Generation dell’Unione Europea, tra cui la scuola e la necessità di colmare, il divario territoriale e le grandi disuguaglianze che caratterizzano la condizione dell’infanzia e dell’adolescenza nel nostro Paese.

L’11° Rapporto CRC non ci consegna solo una retrospettiva di questi due decenni rispetto ai passi avanti che sono stati fatti e sui ritardi che ancora permangono, ma allarga quindi lo sguardo sull’impatto della pandemia in corso che ha portato alla luce, aggravandole e dilatandole, le criticità monitorate nel corso degli anni e che si riassumono nell’assenza dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nella cultura politico-amministrativa e nell’agenda politica. Nelle raccomandazioni rivolte alle istituzioni competenti si esplicita invece l’auspicio che da questa crisi si possa ripartire con una consapevolezza ritrovata rispetto alla centralità e necessità di investire sui ragazzi e ragazze.

Il lancio del Rapporto avviene on line, in partnership con Vita, attraverso cinque appuntamenti di riflessione da oggi fino al 20 novembre, Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, con il coinvolgimento di esperti ed istituzioni. Il Gruppo CRC ha invitato un’ampia rete di soggetti e referenti politici, a condividere il risultato del proprio monitoraggio, per sottolineare quanto sia fondamentale la trasversalità quando si tratta di pianificare efficacemente le politiche per l’infanzia e l’adolescenza e di quanto sia necessario l’impegno a tutti i livelli.

In ogni appuntamento inoltre si è voluto dare spazio alla voce diretta dei ragazzi e delle ragazze, che neanche in questo periodo hanno avuto uno spazio di ascolto strutturato da parte delle istituzioni.

«Per garantire l’attuazione dei diritti sanciti nella Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, occorre rilanciare una rappresentazione sociale e culturale dell’infanzia come valore da salvaguardare e promuovere», sottolinea Arianna Saulini, coordinatrice del Gruppo CRC.

«Solo un approccio olistico e sistemico, che ponga al centro l’impatto sui bambini e sui ragazzi delle varie norme, misure, fondi e interventi, sia a livello centrale che locale, può produrre l’auspicata inversione di rotta rispetto all’aumento del disagio sociale. Per questo il Rapporto CRC afferma con decisione che servono azioni di sistema per ridurre le disuguaglianze presenti sul nostro territorio».

UNA GENERAZIONE IN BILICO, TRA SOCIAL E DISTANZIAMENTO SOCIALE

Con la diffusione della tecnologia si è acceso un ampio dibattito sulle sue implicazioni per il benessere, la salute, la socialità e i diritti, anche e soprattutto dei più giovani. Lo smartphone è diventato il principale mezzo con cui pre-adolescenti e adolescenti in molti paesi industrializzati, compresa l’Italia, hanno accesso a Internet. Nel 2019, l’87.3% dei ragazzi italiani tra 11 e 17 anni di età utilizza quotidianamente il telefono cellulare.

Bullismo e cyberbullismo incidono ancora negativamente sulla vita di molti minorenni, che dichiarano di essere stati coinvolti negli ultimi anni in episodi di aggressione (on e offline), il 10% come vittime, il 7% come aggressori. Secondo il rapporto EU Kids Online 2020, Internet è percepita più come un rischio che come un’opportunità. Allo stesso tempo sono più numerosi i genitori che danno consigli sui rischi e impongono limitazioni nell’accesso, rispetto a quelli che incoraggiano un uso positivo del Web. Per queste ragioni diventa fondamentale favorire una cultura digitale innanzitutto negli adulti, e poi nei bambini, e il Gruppo CRC auspica che la promozione della cittadinanza digitale all’interno dell’insegnamento dell’educazione civica a scuola possa rappresentare un primo passo in questa direzione.

È confermato che l’uso dei media device nei bambini al di sotto dei due anni potrebbe interferire con lo sviluppo cognitivo e soprattutto socio-relazionale, ragione per la quale se ne sconsiglia l’utilizzo. Eppure secondo i dati del Sistema di sorveglianza sui determinanti di salute nella prima infanzia dell’Istituto Superiore di Sanità, il 34.3% dei bambini di età inferiore a sei mesi passa del tempo davanti a tv, computer o smartphone. Una percentuale che sale al 64.1% di quelli in età tra 6 e 12 mesi e al 76.4% per i bambini oltre l’anno di vita. Al crescere dell’età aumentano contestualmente i tempi di esposizione: i bambini che trascorrono almeno 1-2 ore davanti agli schermi passano dall’8.7% nella fascia fino a 6 mesi, al 31.5% oltre i 12 mesi. Negli adolescenti è emerso che un’elevata quantità di tempo trascorsa davanti agli schermi è correlata a disturbi della vista e del sonno, così come sembrano “caratteristici” dell’era digitale i disturbi dell’apparato muscolo- scheletrico legati alla postura. Il rischio di dipendenza si configura quando si usa lo smartphone in maniera compulsiva ed i tratti riconoscibili sono ansia e irritabilità dopo un periodo di astinenza, tentativi falliti di spegnere il telefonino, compromissione delle relazioni sociali.

Il periodo di lockdown e distanziamento sociale ha portato all’estremo l’assunto per cui non vi è separazione tra vita online e offline. Gli ambienti digitali sono integrati nella vita delle persone, in particolare dei minorenni, e contribuiscono a rinforzare le relazioni e a costruire le identità. Il trasferimento della didattica a distanza per milioni di studenti ha evidenziato un forte divario digitale (digital divide) che è diventato un fattore di criticità anche per l’accesso all’educazione. Non è solo l’accesso a Internet e ai device necessari per surfare il web che può causare disparità importanti, ma giocano un ruolo fondamentale anche l’uso e la disuguaglianza nelle competenze digitali, cioè l’abilità di usare i nuovi media per perseguire i propri obiettivi, siano essi sociali, culturali, relazionali o lavorativi. Secondo i dati dell’ISTAT, in Italia tra gli adolescenti di 14-17 anni due su tre hanno competenze digitali basse o di base, mentre meno di tre su dieci – pari a circa 700 mila ragazzi – si attestano su livelli alti.

FRAGILITÀ DI BAMBINI E ADOLESCENTI, SOLITUDINE DELLE FAMIGLIE: QUALI RISPOSTE?

È riconosciuta da tempo l’importanza dell’ambiente familiare come determinante dello sviluppo dei bambini e, quindi, la necessità di intervenire a supporto delle competenze genitoriali, soprattutto in circostanze e in tempi di crescenti vulnerabilità delle famiglie.

Le evidenze degli studi condotti in materia attestano che interventi volti al supporto delle competenze genitoriali possono produrre – a certe condizioni e a un costo che ne consenta la realizzazione su larga scala – effetti positivi durevoli su diverse dimensioni della genitorialità e dello sviluppo dei bambini. Occorre quindi garantire accompagnamento, cura e sostegno alla genitorialità in tutte le fasi evolutive della crescita, con particolare attenzione alle famiglie in situazioni di fragilità e a rischio di vulnerabilità, assicurando interventi multidisciplinari precoci orientati anche a prevenirne l’allontanamento.

Innocenti dell’UNICEF ha pubblicato nel 2020 uno studio comparativo che analizza le politiche messe in atto nei Paesi OCSE e UE a sostegno delle famiglie: l’Italia è al 19° posto della classifica. Non si tratta di una necessità che riguarda solo alcune famiglie e alcuni genitori, anche se ovviamente i bisogni sono molto diversi. Occorre quindi passare da una logica riparativa della “presa in carico” a interventi promozionali e preventivi a carattere universale, a partire dai quali assicurare azioni più specifiche e complesse per le situazioni conclamate di fragilità, vulnerabilità e disagio. Questi interventi, da realizzarsi idealmente come componente costitutiva dei servizi educativi (in particolare i nidi e, più in generale, del sistema integrato 0-6), possono essere previsti anche come componente di interventi sociali e sanitari (in particolare il Percorso Nascita) ed essere sostenuti dal pubblico e/o dal Terzo Settore. Vanno altresì potenziati in tutto il territorio nazionale i servizi socio- pedagogici di promozione e sostegno alla fascia della preadolescenza e adolescenza (centri di socializzazione, centri diurni, post-scuola etc.), in quanto percorsi fondamentali di accompagnamento alla crescita e di sostegno alla genitorialità.

La situazione venutasi a creare con l’emergenza COVID-19 ha messo in evidenza come le capacità di resilienza, a livello individuale e comunitario, siano state correlate non solo al “capitale” preesistente (economico, sociale e umano) delle famiglie, ma anche alla qualità e accessibilità dei servizi sanitari, educativi e sociali e alla capacità di collaborazione tra settori diversi e tra diverse entità del settore pubblico e privato, in particolare del privato sociale.

Occorre quindi superare la frammentazione ed eterogeneità caratteristiche del sistema di protezione sociale italiano e garantire un maggiore sostegno multidimensionale a tutte le famiglie.

POVERTÀ E AMBIENTE: L’AGENDA PER LE NUOVE GENERAZIONI

Il Gruppo CRC ha messo in evidenza la stretta connessione tra gli obiettivi promossi dall’Agenda 2030 e la realizzazione dei diritti delle persone di età minore. L’attuazione dei diritti dei/delle bambini/e dipende strettamente dalla nostra capacità di riaffermare la loro centralità nell’Agenda globale delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile, e di tradurla nelle agende politiche dei singoli Paesi e, quindi, anche in quella del Governo Italiano. Porre al centro i/le bambini/e significa declinare il tema del benessere sostenibile in modo da coprirne tutte le dimensioni in cui i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza si esprimono, a partire da quella sociale e ambientale.

L’analisi quantitativa dei dati riferiti a questi due decenni conferma che il numero di minorenni poveri in Italia mantiene una preoccupante consistenza. Secondo i dati ISTAT nel 2019 tra le varie fasce di età la condizione peggiore si ritrova tra i bambini e ragazzi di 7-13 anni (12.9%), seguiti da quelli di 4-6 anni (11.7%), 14-17 anni (10.5%) e 0-3 anni (9.7%). A questi minorenni corrispondono oltre 619.000 famiglie in povertà assoluta, per le quali risulta più alta sia l’incidenza della povertà (il 9.7% contro il 6.4% della media nazionale), sia l’intensità della povertà (il 23% rispetto al 20.3% della media nazionale). La condizione di povertà dipende fortemente anche dal luogo di residenza (maggiore nelle aree metropolitane e nei Comuni più grandi, rispetto agli abitati più piccoli) e soprattutto dall’area geografica (maggiore al Sud); dalla cittadinanza delle famiglie con minorenni: l’incidenza è cinque volte maggiore per quelle di soli stranieri (31.2%), rispetto a quelle di soli italiani (6.3%); infine anche dalla composizione della famiglia, in quanto aumenta col crescere del numero di persone di età minore presenti.

L’ambiente di vita dei minorenni italiani presenta numerose criticità in quanto non idoneo a garantire la loro salute e le loro possibilità di sviluppo psicomotorio per la mancanza di spazi adatti e per l’eccessivo inquinamento atmosferico outdoor e indoor, aggravati ulteriormente dagli effetti dei cambiamenti climatici, che espongono soprattutto i bambini: a livello globale circa il 90% delle malattie causate da cambiamenti climatici grava sulle spalle dei bambini sotto i 5 anni di età. Il traffico è tra le cause principali dell’inquinamento dell’aria: anche nel 2019 in Italia sono state 54 le città che hanno superato il limite previsto per le polveri sottili (Pm10) o per l’ozono (O3), ma anche nei giorni in cui i valori di inquinamento rientrano nei limiti di legge gli inquinanti atmosferici sono molto spesso superiori a quelli suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, tanto che la maggior parte dei bambini e ragazzi italiani respira quasi costantemente aria non salubre, con le ormai note conseguenze sulla salute. La mancanza di spazi liberi e soprattutto di spazi verdi e alberati è associata non solo a un progressivo incremento di malattie non comunicabili, come obesità e asma, ma anche di malattie psichiatriche, prima tra tutte in Europa, la depressione.

L’impatto dell’emergenza determinata dal COVID-19 a livello sociale è e sarà enorme. Sicuramente il rischio di un aumento della povertà minorile è concreto anche se ancora non quantificabile e tra gli effetti della crisi pandemica c’è un innalzamento del debito pubblico oltre il 150% del PIL che perdurerà per molti anni a venire, andando a costituire un fardello che peserà soprattutto sulle generazioni future. Rispetto all’ambiente il lockdown ha avuto come conseguenza l’improvviso rallentamento degli spostamenti e della produttività su scala globale e, di conseguenza, la drastica riduzione delle concentrazioni di inquinanti, e si è già osservata una riduzione degli episodi gravi di asma acuto nei bambini. Questa situazione, anche se temporanea, potrebbe essere l’occasione giusta per ripensare un modello di sviluppo più eco-sostenibile.

Le politiche e i fondi europei in risposta all’emergenza sono l’occasione per porre in pratica i principi enunciati negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) e nella Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’Adolescenza (CRC), con una visione di nuovo strategica rispetto alle giovani generazioni.

UGUALI DIRITTI, DIVERSE ATTUAZIONI: LE CONSEGUENZE DELLE DISUGUAGLIANZE

Ribadendo le sue precedenti preoccupazioni il Comitato ONU ha raccomandato all’Italia “l’adozione di misure urgenti per affrontare le disparità esistenti tra le Regioni relativamente all’accesso ai servizi sanitari, allo standard di vita essenziale, ad un alloggio adeguato e all’accesso all’istruzione di tutti i minorenni in tutto il Paese”. Le disparità su base regionale possono infatti essere considerate una forma di discriminazione che incide sulle condizioni di vita delle persone di età minore in quanto maggiormente vulnerabili.

Negli ultimi anni si evidenzia una netta e positiva diminuzione della mortalità infantile soprattutto grazie al miglioramento della qualità dell’assistenza al parto e al bambino nel periodo perinatale. A livello regionale permangono delle differenze per quel che riguarda la mortalità perinatale da attribuire alla diversa efficienza territoriale del Sistema Sanitario.

I primi 1000 giorni di vita di un bambino sono fondamentali per un adeguato sviluppo fisico e psichico. I risultati delle iniziative e dei programmi intrapresi per promuovere le buone pratiche mostrano però un’ampia variabilità regionale.

L’offerta educativa per i bambini sotto i tre anni si è sviluppata lentamente e ancor oggi permangono grandi differenze nella diffusione dei servizi nelle diverse aree del Paese: tutte le Regioni del Centro-Nord sono sopra la media nazionale e diverse hanno superato l’obiettivo europeo del 33%, con particolari addensamenti nelle aree metropolitane; mentre tutte le Regioni del Sud, esclusa la Sardegna, sono sotto la media nazionale. In particolare, in Calabria, Sicilia e Campania, l’offerta educativa è disponibile al massimo per il 10% dei bambini sotto i tre anni.

Benchè le scuole dell’infanzia siano ampiamente diffuse nel nostro paese, nelle regioni meridionali un numero ancora particolarmente alto di bambini frequenta solo a tempo parziale in sezioni antimeridiane o per non più di 25 ore settimanali.

Un’ulteriore criticità è costituita dalla disomogeneità di applicazione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) nelle varie Regioni, in particolare per quanto riguarda gli interventi diagnostico- terapeutici ed educativo-riabilitativi in carico ai servizi neuropsichiatrici dell’età evolutiva. La permanente inefficiente distribuzione dei servizi sanitari per l’età evolutiva sul territorio nazionale è la continua migrazione sanitaria dal Sud verso il Centro-Nord per le prestazioni specialistiche.

L’interruzione della didattica in presenza, a seguito dell’emergenza COVID-19, nell’a.s. 2019- 2020, ha coinvolto 9.040.000 bambini/e ragazzi/e, più di 300mila iscritti ai servizi educativi dell’infanzia, nonché gli studenti di ogni età, che rischiano di accumulare nei loro percorsi educativi e formativi un learning loss difficilmente colmabile. La didattica a distanza si scontra con i ritardi nell’adeguamento dell’offerta scolastica digitale, creando preoccupanti differenze di trattamento fra gli studenti. Stando ai dati ISTAT del Rapporto “Spazi in casa e disponibilità di computer per bambini e ragazzi” (2020), per quanto buona parte delle famiglie italiane con minorenni disponga di una connessione che permette l’accesso alla didattica a distanza, rimangono sacche di esclusione al Sud e fra i meno abbienti: il 12.3% dei minori di età tra 6 e 17 anni non ha un computer o un tablet a casa; la quota raggiunge quasi il 20% al Sud (470.000 persone di età minore). Inoltre, il Rapporto evidenzia come nel 2019, tra gli adolescenti di 14-17 anni che hanno usato Internet negli ultimi 3 mesi, due su tre abbiano competenze digitali o di base basse. Altra discriminante è rappresentata dalla disponibilità della connessione in banda larga, molto diversa fra una località e l’altra e tra una famiglia e l’altra: secondo i dati ISTAT 2018, il 26% delle famiglie non dispone di accesso alla banda larga da casa; la differenza fra la Regioni con maggiore (Trentino) e minore (Molise) copertura è di ben 15 punti. Anche le differenze socio-economiche contano molto: solo il 16% delle famiglie senza titolo di studio ha accesso a banda larga fissa o mobile, contro il 95% delle famiglie di laureati.

Le stime fornite da una recente indagine dell’AGCOM, secondo cui uno studente su dieci non ha svolto didattica a distanza e il 20% l’ha svolta solo saltuariamente, destano fortissime preoccupazioni nell’ottica del possibile aumento del divario nell’apprendimento e della dispersione scolastica. La quota di Early School Leavers (ESL) è del 13.5% nel 2019, ancora lontana dalla media UE27 (10.2%), ma soprattutto la lettura del dato è decisamente preoccupante in chiave territoriale, se si considera che gli abbandoni precoci permangono su valori elevatissimi al Sud (16.7%) e nelle Isole (21.4%). Si tratta di percentuali che vanno messe in relazione con la qualità degli apprendimenti: i dati evidenziano come siano elevatissime le quote di studenti dell’ultimo anno della scuola secondaria di I grado che non raggiungono livelli adeguati di competenze in italiano, matematica e inglese. Si tratta della cosiddetta dispersione implicita, un dato che fa emergere la necessità di considerare il fenomeno nella sua interezza, per predisporre strumenti più efficaci di rilevazione, prevenzione e intervento. Una fotografia che è inasprita dal divario territoriale che separa il Centro e il Nord del Paese dal Sud e dalle Isole, dove le percentuali di studenti con performance giudicate come non sufficienti sono prossime o superiori al 50%.

Con questa fotografia emerge chiaramente come una delle questioni strategiche per il nostro Paese dovrebbe essere proprio il settore dell’educazione, dell’istruzione e della formazione: le opportunità che saranno offerte dai prossimi finanziamenti, a partire da Next Generation dell’Unione Europea, rappresentano un’occasione da non perdere se si vuole innovare e rendere più efficace e inclusivo il sistema di istruzione e rafforzare i settori dell’università e della ricerca.

OLTRE IL COVID-19: UNA STRATEGIA PER I BAMBINI E GLI ADOLESCENTI

Il tema delle risorse dedicate direttamente e indirettamente a bambini/e e adolescenti è dirimente, poiché viviamo in un Paese in cui la spesa sociale è sempre fortemente sbilanciata a sostegno delle generazioni anziane e il diritto di ogni bambino/a all’istruzione, alla casa, all’accudimento non sempre è percepito come questione strategica e responsabilità condivisa dalla collettività, e quindi a carico della finanza pubblica. Anche con l’emergenza COVID-19 gli interventi hanno seguito – fino ad ora

– logiche riparative, compensative ed una tantum. Le Linee guida per il nuovo ambizioso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e soprattutto la Strategia organica di impiego di ingenti risorse europee, dal nome esplicito “Next Generation”, potrebbero rappresentare l’opportunità per un cambio di passo prevedendo misure strutturali e organiche e un orizzonte temporale più lungo, che finalmente guardi al futuro delle giovani generazioni.

Nel nostro Ordinamento sono previsti luoghi deputati al coordinamento delle politiche per l’infanzia, primo fra tutti l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, e dal 2011 è stata istituita l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. La Legge 451/1997 ha istituito la Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, con compiti di indirizzo e controllo sulla concreta attuazione della CRC, e il Centro nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia e l’adolescenza, che svolge attività di ricerca, monitoraggio, analisi, informazione e promozione. Occorre ripensare le competenze di questi luoghi progettati per il coordinamento nazionale delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza, alla luce delle nuove sfide, prevedendo idonee modalità di coordinamento anche a livello regionale.

Scopri il programma delle 5 giornate:

Lunedì 16 novembre – Una generazione in bilico, tra social e distanziamento sociale

Martedì 17 novembre – Fragilità di bambini e adolescenti, solitudine delle famiglie. Quali risposte?

Mercoledì 18 novembre – Povertà e ambiente: l’agenda per le nuove generazioni

Giovedì 19 novembre – Uguali diritti, diverse attuazioni: le conseguenze delle disuguaglianze

Venerdì 20 novembre – Oltre il Covid-19: una strategia per i bambini e gli adolescenti

Gli appuntamenti si svolgono in diretta sulla pagina Facebook di Vita (@VitaSocialContent)  dalle 18 alle 19.

Si ringraziano Valentina Rotondi e Pietro Savastio che hanno partecipato per conto della Fondazione Roberto Franceschi Onlus ai lavori del Gruppo CRC

Scrivi un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.