Fragilità dell’anziano e innovazione sociale: possibili scenari per il futuro dell’assistenza agli anziani

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Grazie al sostegno del nostro programma Young Professional Grant, il ricercatore Bernardo Provvedi ha potuto approfondire il tema dell’invecchiamento della popolazione analizzando le sfide assistenziali ad esso connesse, con l’obiettivo di contribuire al dibattito di policy e all’individuazione di soluzioni concrete a una delle problematiche sociali più cruciali per il futuro del nostro paese.

Introduzione

Il tema dell’assistenza agli anziani rappresenta una delle principali sfide per i sistemi di welfare europei. I trend demografici e l’attuale situazione di finanza pubblica sembrano infatti mettere in discussione la sostenibilità di modelli assistenziali rivolti agli anziani. In questo contesto, stanno assumendo una crescente importanza soluzioni assistenziali rivolte a ridurre la fragilità dell’anziano.

Un futuro incerto nell’assistenza agli anziani

Come noto, la popolazione Italiana sta rapidamente invecchiando. Guardando infatti alle proiezioni Istat, nel 2065 gli anziani over 65 rappresenteranno circa il 33% della popolazione italiana contro il 22% attuale. Questa tendenza è dovuta principalmente a due fattori: la riduzione delle nascite e il positivo incremento della vita media. Infatti, grazie ai grandi progressi fatti in campo sanitario, si possono registrare oggi aspettative di vita media semplicemente inimmaginabili fino a qualche secolo fa. Sebbene l’aumento delle speranze di vita sia una cosa di per sé estremamente positiva, è importante sottolineare come con l’aumentare dell’età media aumenti anche l’incidenza di patologie croniche e invalidanti. Patologie queste, che tendono sia a ridurre considerevolmente la qualità della vita dell’anziano sia a incidere sempre più sui bilanci sociali e sanitari.

Fino ad oggi, le risposte prevalentemente adottate dalle regioni e dai servizi sociali professionali si sono concentrate nel fornire risposte alle fasi acute del bisogno. In altri termini, i principali strumenti di supporto alle persone anziane, sia in forma di trasferimenti monetari che di servizi reali, sono generalmente volti a sostenere l’anziano dopo la perdita di autonomia e in particolare a seguito dello scivolamento in condizioni di grave non autosufficienza. Questo orientamento delle risposte assistenziali prevalentemente verso la grave non autosufficienza deriva da un insieme di concause complesse, rese ancora più accentuate dall’endemica scarsità di risorse di cui soffrono gli enti locali.

Tuttavia, è importante notare che il pilastro assistenziale del nostro welfare sembra scricchiolare già con un numero relativamente basso di anziani come quello attuale. Cosa succederà quando una persona su tre sarà over 65, se già oggi buona parte del carico assistenziale ricade sui familiari o care giver privati? Appare quindi lecito porsi l’interrogativo sulla sostenibilità futura degli interventi per l’assistenza agli anziani e la non autosufficienza. Senza avere la pretesa di fornire soluzioni semplici per problemi complessi, è però possibile affermare la necessità di trovare un nuovo paradigma di intervento nell’assistenza agli anziani. L’analisi che segue è frutto di una ricerca condotta all’interno del contesto Toscano e in particolare del territorio Fiorentino. Sebbene i sistemi di assistenza varino significativamente da regione a regione, se non addirittura da comune a comune, le informazioni riportate di seguito sono riconducibili a dei trend attualmente in atto in tutto il territorio nazionale.

Intervenire sulla fragilità

Un possibile suggerimento per riorganizzare l’offerta di servizi assistenziali potrebbe essere quello di porre maggiore attenzione alla condizione di fragilità dell’anziano. Malgrado non esista ancora una definizione univoca per questa condizione, la fragilità dell’anziano può essere intesa come una condizione di ridotta resilienza agli stress, sia ambientali che biologici, collegati al declino funzionale e connessi ai concetti di vulnerabilità, multi-cronicità e al rischio di istituzionalizzazione.

Se i sistemi assistenziali fossero in grado di agire tempestivamente sulla fragilità, sarebbe possibile cercare di prevenire l’insorgere di bisogni assistenziali complessi, mantenendo così le funzionalità e l’autonomia dell’anziano. In altri termini, agire efficacemente sulla fragilità significherebbe cercare di evitare che l’allungamento della vita media si trasformi in un incremento degli anni passati dall’anziano in condizione di non autosufficienza, con una conseguente riduzione della sua qualità della vita e un aumento significativo dei costi assistenziali a carico della comunità e delle famiglie.

Ma in termini pratici come si interviene sulla fragilità? Agire prima che si manifestino bisogni assistenziali complessi vuol dire in primo luogo mettere in atto modalità di screening e monitoraggio della popolazione anziana, in modo da individuare tempestivamente i soggetti fragili e intervenire sui fattori di rischio di scivolamento nella non-autosufficienza.

In secondo luogo, essendo un concetto multidisciplinare, gli interventi sulla fragilità devono prevedere azioni sia di carattere sanitario, come una corretta alimentazione e l’attività fisica, che di natura socio-relazionale. Questa caratteristica della fragilità implica che a livello locale vi sia un adeguato coinvolgimento e coordinamento dei soggetti che a più livelli si occupano dell’offerta di prestazioni sociali e sanitarie.

Inoltre, per agire sulla fragilità, risulta fondamentale il ruolo della comunità locale, intesa come l’insieme di attori, dal medico di famiglia alle associazioni ricreative. Questi soggetti devono essere coinvolti attivamente per formare delle reti intorno all’anziano in modo da stimolarne e monitorarne le sfere relazionali e sanitarie.

Sebbene questi principi possano apparire semplici e ragionevoli la loro concreta applicazione risulta molto complessa a causa di molteplici fattori come, ad esempio, la carenza di risorse pubbliche, la presenza di stringenti protocolli socio-assistenziali o di pratiche assistenziali fortemente consolidate.

L’innovazione sociale e assistenza leggera

Proprio perché il settore pubblico appare già fortemente oberato nel tentativo di rispondere alle fasi acute della non autosufficienza, è opportuno individuare nuove modalità di intervento che vedano il coinvolgimento degli attori locali. Fino ad oggi tale coinvolgimento è stato declinato dalle amministrazioni locali principalmente attraverso il ricorso al terzo settore che però appare sempre più in difficoltà.

A questo proposito può risultare molto interessante il concetto di innovazione sociale. In termini generali, per innovazione sociale si intende l’insieme di pratiche e servizi che si pongono l’obiettivo di rispondere a dei precisi bisogni sociali in modo innovativo, anche tramite la definizione di nuove modalità di coinvolgimento dei numerosi attori presenti in un dato sistema e territorio. Sebbene non esista una definizione universalmente riconosciuta del fenomeno, i progetti di innovazione sociale sembrano essere accumunati da alcune caratteristiche, quali ad esempio:

  • Essere innovativi per il contesto in cui vengono applicate;
  • Coinvolgere attivamente i beneficiari;
  • Agire attivamente per la creazione di nuove collaborazioni e relazioni sociali;
  • Essere connessi alla dimensione locale e a un bisogno specifico.

In questa ottica, le pratiche di innovazione sociale mostrano un significativo potenziale nel campo dell’assistenza agli anziani, sia per la capacità di mobilitare risorse aggiuntive a quelle pubbliche, che per integrare la tradizionale offerta di servizi assistenziali con prestazioni leggere, volte al mantenimento funzionale e cognitivo dell’anziano. Tramite partiche di innovazioni sociali potrebbe essere possibile agire maggiormente sulla sfera relazionale e psicologica dell’anziano, attualmente messa in secondo piano dalla scarsità di risorse pubbliche. Sebbene sia generalmente messa in secondo piano, la sfera psicologica dell’anziano risulta di primaria importanza per prevenire la perdita di autonomia, essendo fondamentale per l’accettazione del processo di invecchiamento e la ridefinizione di una propria progettualità all’interno del proprio contesto sociale, familiare e lavorativo.

Non è un caso che queste tipologie di interventi sono spesso orientati a facilitare la permanenza dell’anziano in contesti domestici, riducendo l’istituzionalizzazione e il ricorso a prestazioni residenziali ad alta intensità sanitaria.

Inoltre, la grande attenzione che le innovazioni sociali rivolgono alla sfera relazionale e alla dimensione di comunità, potrebbe contribuire a rigenerare parte di quelle reti relazionali e di supporto, tanto importanti per il contrasto alla fragilità, messe in crisi dalla modificazione delle strutture familiari e dalle mutate modalità di interazione all’interno dei centri urbani. La realizzazione e diffusione di queste esperienze passa però da un cambiamento di paradigma da parte di tutti i soggetti coinvolti nell’assistenza agli anziani. In particolare, volendo richiamare il ruolo e la responsabilità dell’azione pubblica, si deve notare che la piena adozione di un sistema assistenziale basato su risposte leggere e comunitarie necessita di una struttura normativa/organizzativa ben più articolata di quella attuale, che sia allo stesso tempo abilitante per iniziative di innovazione sociale e capace di fornire adeguate garanzie agli utenti sulla qualità dei servizi offerti.

Cosa emerge dall’analisi del contesto toscano

Nella specificità del contesto toscano, di cui chi scrive ha avuto il piacere di occuparsi recentemente grazie al supporto di Fondazione Roberto Franceschi Onlus e Fondazione Isacchi Samaja Onlus, sono emerse alcune macro aree d’azione in cui gli interventi rivolti agli anziani fragili si integrano con il concetto di innovazioni sociale. I campi di applicazione spaziano da nuove forme di residenzialità e coabitazione al ripensamento dell’attuale struttura dei servizi domiciliari.

In particolare si osserva il tentativo di integrare l’attuale offerta di servizi assistenziali con specifiche attività rivolte alla fragilità. Questo tentativo si riscontra particolarmente nei seguenti settori:

  • Nuovi modelli di residenzialità leggera, in cui le strutture cercano di diventare di dimensioni più ridotte, con ambienti che facilitano l’interazione tra gli anziani e la comunità esterna (?). All’interno di questa categoria rientrano anche le strutture comunitarie rivolte agli anziani fragili, in cui la componente puramente assistenziale del servizio risulta particolarmente ridotta a favore di attività di attivazione e mediazione della comunità di anziani.
  • Risposte di comunità e residenzialità solidale, le cui esperienze più famose rientrano nel campo del co-housing o condomini solidali. Queste tipologie di esperienze, sebbene siano ancora marginali, presentano importanti prospettive di sviluppo in particolare se basate su: relazioni vincolanti di reciprocità, precisi meccanismi di selezione e matching dei partecipante e la presenza di figure professionali dedicate alla mediazione.
  • Nuove forme di assistenza domiciliare, in cui il paradigma di presa in carico si sposta sempre più sul concetto di prossimità, in una logica di crescente condivisione dei servizi tra più utenti. La domiciliarità rappresenta una delle sfide principali per i servizi di assistenza agli anziani nel prossimo futuro e in questa partita giocheranno un ruolo sempre più importante le nuove applicazioni ICT per il supporto e monitoraggio a distanza.
  • Interventi rivolti alla prevenzione, che si concretizzano sia tramite l’istituzione di efficienti strumenti di individuazione e monitoraggio della popolazione fragile, sia la creazione di reti di attori territoriali che si pongano l’obiettivo di mantenere attiva la popolazione anziana anche attraverso la promozione di corretti stili di vita.

Questi risultati sono emersi da un’attenta analisi del contesto toscano, e fiorentino in particolare, grazie anche al coinvolgimento di numerosi soggetti territoriali che si sono resi disponibili per interviste e testimonianze. Volendo cercare un filo comune alle varie innovazioni sociali mappate nel campo dell’assistenza agli anziani è possibile individuare almeno tre elementi trasversali:

  • Una maggiore attenzione alla dimensione relazionale e “attivazione” della persona anziana: i servizi particolarmente innovativi sembrano caratterizzati da una forte attenzione alla dimensione relazionale, così come da un abbandono del tradizionale approccio assistenziale in favore di un maggior coinvolgimento attivo della persona anziana, volto al mantenimento delle sue funzioni.
  • La valorizzazione del ruolo della comunità: emergono come interessanti le potenzialità degli approcci di tipo comunitario, sia basati sulla costruzione di relazioni di reciprocità all’interno di una specifica comunità, sia sulla progettazione di servizi condivisi tra diversi beneficiari. In entrambi i casi, è importante fare attenzione alla selezione dei partecipanti, in modo da individuare i più adatti a questo tipo di progetti, e fare affidamento su apposite figure professionali che si occupino della gestione e mediazione della comunità.
  • Un approccio basato sull’empowerment dell’anziano, delle famiglie e dei care giver: un elemento fondamentale risiede nel rafforzamento degli interventi rivolti all’empowerment dell’anziano (anche attraverso l’adozione di corretti stili di vita che facilitino il mantenimento funzionale), e all’empowerment del care giver (provvedendo al passaggio di specifiche competenze e informazioni in modo da facilitare il compito assistenziale).

Per concludere, a prescindere dalla capacità di trasformazione delle singole innovazioni sociali o delle specifiche esperienze locali, resta il fatto che gli attuali trend demografici e di finanza pubblica impongono una riflessione sull’attuale modello di assistenza agli anziani e sull’opportunità o meno di agire sulla fragilità, in modo da ritardare al massimo la non autosufficienza e l’istituzionalizzazione. In questo ambito, pur rimarcando la centralità dell’azione pubblica, è opportuno ripensare insieme ai vari attori coinvolti nell’assistenza all’anziano a nuove modalità di collaborazione e alla possibilità di adottare risposte di tipo proattivo, comunitario, e integrato.

Testo integrale della ricerca
Disuguaglianze sociali e fragilità degli anziani: analisi dei problemi e mappatura delle soluzioni innovative

Foto: CC Andrea Castelletti

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