Chi sono e come si comportano i giocatori d’azzardo

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L’emergenza corona virus ha indotto il governo, tra le altre misure, a chiudere temporaneamente le sale scommesse, nonché a sospendere Lotto, Superenalotto, slot machine e altre lotterie. Per contrastare nel lungo periodo i costi sociali del gioco d’azzardo, è necessario però comprendere i meccanismi alla base di quella che viene ormai classificata come una vera e propria dipendenza. Miriam Tomasuolo, giovane economista, grazie ai fondi di ricerca Roberto Franceschi ha approfondito i comportamenti e dei giocatori d’azzardo patologici osservandoli per mesi in una sala scommesse

Il gioco d’azzardo patologico, secondo la definizione ufficiale dell’American Psychiatric Association, è un disturbo del controllo degli impulsi, che consiste in un comportamento di gioco persistente, ricorrente e maladattivo che compromette le attività personali, familiari e lavorative.
Nella più recente definizione data dall’American Psychiatric Association il gioco d’azzardo patologico è stato riclassificato nell’area delle dipendenze per le importanti similarità che esso ha con altre dipendenze, come quelle da alcol o da altre sostanze d’abuso. Riconoscere il parallelismo esistente tra la dipendenza da sostanze e quella da gioco d’azzardo patologico è importante per almeno due ragioni. Prima di tutto questa nuova consapevolezza permette di trattare e curare questa patologia usando strumenti ed approcci simili a quelli utilizzati nel trattamento della dipendenza da sostanze stupefacenti. In secondo luogo, equiparare il gioco d’azzardo patologico alle dipendenze, forza i governi a considerare il gioco d’azzardo non più come un normale bene soggetto solo alle leggi del mercato, ma come un bene potenzialmente pericoloso per la salute dei consumatori e per questo sottoposto a specifiche regolamentazioni e limitazioni.

Perché è importante occuparsi di questo fenomeno?
Il gioco d’azzardo oggi è diventato una vera e propria piaga sociale, sia per la sua capillare diffusione sia per i costi sociali che sta generando. Questa specifica patologia riguarda infatti il 4% della popolazione mondiale. Nello specifico, l’Italia rappresenta il più grande mercato del gioco d’azzardo europeo e ottiene un poco ambito quarto posto nella classifica mondiale. I dati dell’ Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato ci dicono che dal 2008 al 2017 l’industria del gioco d’azzardo ha avuto una crescita del 104%, con un incasso nel 2017 pari a 96 miliardi di Euro (il 6% del nostro PIL).
Una delle cause di questa crescita esponenziale è da attribuire al comportamento permissivo e miope dei governi che, per poter beneficiare degli ingenti introiti sotto forma di tasse, hanno spesso incentivato e promosso il dilagare del fenomeno. L’ industria del gioco d’azzardo immette nelle tasche dello Stato, sotto forma di tasse, il 10% degli incassi totali (10 miliardi nel 2017). Per i più cinici questo scenario potrebbe sembrare vantaggioso se si pensa che i costi diretti per curare le persone affette da questa patologia ammontano solo a 50 milioni di euro per anno. Però un’ analisi più accurata dimostra chiaramente come la comparazione dei costi e dei benefici annui sia fortemente distorta da numerosi fattori. Infatti se i benefici sono immediati e certi, l’analisi dei costi reali sembra essere più complessa, in quanto difficilmente quantificabili e spesso differiti nel futuro. Infatti il gioco d’azzardo implica numerosi costi che non sono direttamente legati al trattamento e alla cura delle persone affette da questa patologia. Le implicazioni negative riguardano diversi settori del sistema sanitario, oltre alla distruzione della sfera personale e lavorativa. Da tutto ciò derivano costi sociali, in termini di previdenza sociale a causa, ad esempio, della perdita del lavoro, di un minor livello di produttività dei lavoratori, di un aumento della criminalità, e dell’ aumento della possibilità di fallimento nella restituzione di un debito. Il secondo importante problema nella stima dei costi dovuti al gioco d’azzardo risiede nella difficoltà di quantificare il reale numero di soggetti affetti da questa dipendenza. Bisogna considerare infatti che coloro che raggiungono le strutture d’aiuto sono rappresentano solo la punta dell’iceberg. I 50 milioni allocati ogni anno, coprono i costi delle cure per un ristretto numero di persone rispetto al numero di soggetti che realmente necessiterebbero di aiuto nella lotta a questa dipendenza. IPSAD-Italia (Italian Population Survey on Alcohol and Drugs) afferma che il numero di persone affette da questa particolare patologia potrebbe essere intorno agli 800.000 individui, di cui solo 12.000 sono attualmente in cura presso strutture specializzate.

La ricerca condotta, grazie ai contributi e al sostegno della Fondazione Roberto Franceschi Onlus, è una delle poche che pone un campione rappresentativo di giocatori sotto una lente investigativa accurata, con lo scopo di osservare i giocatori durante la loro attività di gioco nel loro ambiente reale (le sale scommesse). Lo scopo dello studio è infatti quello di comprendere quanti giocatori presenti in una sala da gioco sono in realtà patologici. Isolare questi ultimi dai giocatori ricreazionali ci permette inoltre, non solo di capire qual è la percentuale dei patologici rispetto ai giocatori presenti nella sala scommesse, ma anche quali sono le differenze comportamentali tra i due gruppi. Evidenziare infatti differenze nei comportamenti e nelle preferenze di gioco tra giocatori problematici e non, permette di far maggiore chiarezza sul meccanismo che risiede dietro lo sviluppo della patologia.

L’esperimento èdurato circa 4 mesi ed è stato svolto in una centrale e storica agenzia di scommesse di Milano. I partecipanti, clienti abituali dell’agenzia, sono stati invitati a rispondere a numerose domande e a completare dei test volti a stimare le loro preferenze comportamentali. Inoltre sono stati osservati durante la loro giornata in sala attraverso la raccolta di tutti i biglietti giocati durante la sessione di gioco.

Il giocatore tipo è uomo, età media di 50 anni, un reddito annuo inferiore ai 20.000 euro e con un livello medio di istruzione di scuola superiore. Nel 60% dei casi è di nazionalità italiana e di religione cattolica. Il restante campione è composto per lo più da asiatici e nord africani. Il 10% risulta essere disoccupato e il 25% in pensione. Questo ci racconta che il nostro campione è per il 35% inoccupato. Il dato più importante riguarda il numero di soggetti che hanno mostrato essere affetti da gioco problematico secondo lo score ufficiale dell’ American Psychiatric Association.
Il 62% del nostro campione è composto da soggetti che mostrano avere problemi seri nel gestire il gioco d’azzardo.

L’analisi evidenzia le differenze tra i giocatori problematici e quelli non problematici e mette in luce alcune importanti informazioni. Prima fra tutto va sottolineato che esistono alcune rilevanti marginalità che distinguono i giocatori problematici da quelli non problematici. Soggetti più giovani, meno ricchi e non cittadini italiani hanno maggior probabilità di appartenere a quella categoria per la quale il gioco è diventato una patologia. La letteratura di riferimento ci fornisce alcuni interessanti motivazioni che ci aiutano a comprendere il perché di queste marginalità. In primo luogo la frustrazione e la tensione che spesso caratterizza cittadini stranieri e persone a basso reddito, aumenta la probabilità che questi soggetti usino il gioco per evadere dalla loro condizione e dai problemi ad essa connessi, teoria conosciuta come “escape theory”. Tale teoria sostiene che soggetti in condizioni socio economiche più vulnerabili praticano il gioco d’azzardo per evadere dalla routine di tutti i giorni. In effetti la condizione di non cittadino italiano implica spesso una serie di altri fattori che possono aumentare l’insorgenza di disordini nel comportamento di gioco. Per esempio, le sale scommesse sono anche un luogo dove incontrare i propri connazionali. In aggiunta, il gioco d’azzardo nei paesi d’origine risulta essere spesso vietato, o per motivi religiosi o per imposizioni governative. Questo li rende completamente “nuovi” a questa attività, comportando che non solo facciano più fatica a predire i rischi connessi, ma facciano anche più fatica a stimare e calcolare le basse probabilità di vincita che caratterizza il gioco d’azzardo. A tutto questo va aggiunto che l’impatto del gioco su alcune nazionalità straniere, che spesso incontriamo nelle sale scommesse, comporta un serio aggravarsi della loro condizione. Per loro, più che per altri, si constata inoltre una maggiore difficoltà ad essere aiutati a causa di una scarsa capacità linguistica che rende molto più complesso farli avvicinare a strutture e persone in grado di fornireloro supporto e aiuto. La seconda marginalità, oltre alla non cittadinanza italiana, è costituita dall’età. A questo riguardo va considerato che spesso il gioco viene visto dai più giovani non come un passatempo ma come un facile modo per ottenere soldi facili. Quella dei giovani è una categoria particolarmente vulnerabile, in quanto sta ancora costruendo e consolidando i propri valori. Confondere il gioco d’azzardo con un modo facile per guadagnare è il primo passo per costruire una relazione problematica con il gioco.
Il fatto che possibili problematicità con il gioco vengano maggiormente sviluppate da categorie vulnerabili è una questione estremamente seria che ci pone di fronte al dilemma se sia giusto proporre un’attività i cui effetti negativi pesino maggiormente su chi è già di per sé più debole proprio per la condizione svantaggiata a cui appartiene. Gli effetti negativi del gioco inoltre vanno a innescare su queste categorie circoli viziosi, come perdita di denaro, solitudine, frustrazione, disperazione, perdita del posto di lavoro, crisi familiari, indebitamenti.Sono tutti possibili e reali effetti che vanno a peggiorare situazioni esistenti di estrema precarietà. Che il gioco usi le deboli condizioni socio-economiche per espandersi è un tema che deve necessariamente essere preso in considerazione dai governi e dai legislatori con molta attenzione.

Quando passiamo ad analizzare differenze tra soggetti problematici e non problematici, sotto l’aspetto del comportamento e delle preferenze di gioco, i fatti più interessanti risultano essere due. In primo luogo la tipologia di gioco utilizzata in sala ci racconta molto sulla dipendenza da gioco d’azzardo. Ad esempio, soggetti problematici prediligono in modo esclusivo giochi più automatici (slot machine e giochi virtuali), dove per automatici intendiamo giochi le cui probabilità di vincita e perdita dipendono esclusivamente dai computer. In questa tipologia di gioco non è richiesto usare nessun tipo di conoscenza né di competenza né di ragionamento. Sono giochi estremamente veloci e ripetitivi che conducono facilmente alla meccanizzazione dell’azione di gioco. Mentre i soggetti che riportano livelli inferiori o assenti di problematicità prediligono giochi come le corse ippiche e le scommesse sportive, dove competenze e ragionamento vengono utilizzati. Questa differenza nelle preferenze di gioco ci indica come la pericolosità del gioco d’azzardo risieda soprattutto in quei giochi che portano facilmente ad automatizzare le nostre azioni.
La seconda grande differenza tra soggetti problematici e non riguarda la percezione della loro spesa durante la giornata di gioco. L’errore maggiore nello stimare quanto hanno speso giocando viene commesso da chi ha più problemi di dipendenza.
Quello che possiamo dedurre da questi due risultati è che la problematicità del gioco d’azzardo è spesso legata a specifici giochi con specifiche caratteristiche, le quali molto spesso conducono i soggetti a giocare in modo automatizzato,il che porta più facilmente a perdere la concezione del tempo e della spesa devoluta al gioco.

L’esame dei biglietti raccolti dai giocatori durante la loro giornata di gioco in sala ci racconta un dato allarmante; e cioè che i giocatori aumentano il rischio di ogni giocata con l’aumentare delle proprie perdite. Questa modalità riguarda tutti i giocatori anche quelli meno problematici. Questo significa che il gioco in sé innesca un meccanismo per il quale le perdite scatenano un irrefrenabile desiderio di rischiare di più. Dove, per rischiare di più, si intende sia scommettere somme di denaro maggiori sia puntare su quote meno probabili con la speranza di una vincita maggiore. Si può desumere che questo meccanismo possa essere dovuto al fatto che man mano che si collezionano perdite i giocatori sentono la necessità di dover recuperare le perdite subite aumentando il rischio che sono disposti a correre. Il meccanismo economico che potrebbe spiegarci questo fenomeno attesta che man mano che i soggetti perdono, la disutilità associata ad una perdita conseguente diminuisce. Ovvero, man mano che perdiamo diventiamo più insensibili a ulteriori perdite. Questo dato dovrebbe essere valutato con estrema preoccupazione. Infatti il gioco d’azzardo deve la sua fortuna a questo meccanismo, visto che per definizione tutti i giocatori sono destinati a perdere. Meccanismo che potrebbe essere visto come un circolo vizioso per il quale più gioco, più perdo e più devo giocare, ma più devo giocare, più perderò e più vorrò giocare.

Comprendere quante persone problematiche sono attualmente attive nelle sale scommesse, quali giochi devono essere considerati pericolosi nel predire l’insorgere della patologia, e quale meccanismo ci spiega l’irrefrenabile bisogno di continuare a giocare nonostante le perdite subite, può essere di grande aiuto non solo nel limitare l’espansione di alcune tipologie di gioco, ma anche nella stesura di determinate linee preventive da parte dei legislatori.

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