Art. 11
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

La guerra terrificante da cui l’Italia era appena uscita fece sorgere la ferma volontà di evitare che potessero ripetersi orrori simili: da qui deriva il verbo «ripudia», in cui si condensano lo sdegno e il rifiuto per un’aggressione contro altri popoli. D’altra parte, riconoscere a tutti «pari dignità» non può che comportare il rifiuto della violenza contro altri esseri umani.
È bene precisare che il divieto dell’art. 11 riguarda l’aggressione ad altri popoli, non la difesa, anche armata, della Patria (che è anzi «sacro dovere del cittadino» ai sensi dell’art. 52, co. 1), come confermato dalle norme che prevedono l’esistenza delle Forze armate (art. 52, co. 3) e disciplinano lo “stato di guerra” (artt. 60, 78, 87, 103, co. 2).
L’evoluzione storica e tecnologica, nonché la forte interdipendenza economica e commerciale tra i vari Paesi del mondo, hanno portato al moltiplicarsi di conflitti che, pur non rientrando nella nozione tradizionale di “guerra” come conflitto armato tra Stati, si traducono in azioni violente, spesso a danno della popolazione civile.
Ci si chiede quindi se il sostegno a Stati in guerra, anche mediante la fornitura di armi, la repressione di gruppi terroristici, l’applicazione di sanzioni economiche siano compatibili con il ripudio della guerra.
La risposta a questa domanda non può che dipendere dalla stretta correlazione fra le varie parti dell’articolo: il ripudio della guerra, in negativo, si accompagna infatti alla promozione, in positivo, di un sistema di relazioni che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; per sciogliere eventuali dubbi sulla compatibilità di un’iniziativa con la lettera e lo spirito della norma, occorre dunque chiedersi se questa aumenti o riduca la conflittualità internazionale e se favorisca o meno la “giustizia”, ossia quel contemperamento dei diversi interessi tra le parti che non può realizzarsi se non attraverso il reciproco riconoscimento e la comprensione delle rispettive ragioni ed esigenze.
Per realizzare un mondo di pace, la Costituzione esorta a stringere accordi e costituire organizzazioni con altri Paesi (per esempio, l’ONU e l’Unione europea: si vedano il Preambolo della Carta istitutiva dell’ONU e l’art. 3 del Trattato sull’UE), anche se ciò significa accettare che certe decisioni non siano più prese dall’Italia in totale autonomia, ma debbano essere concordate con altri Stati (si veda l’art. 4 del Trattato sul funzionamento dell’UE).

Il commento all’articolo è tratto dal libro “Una lettura guidata della Carta costituzionale”, a cura di Alessandro Basilico con la collaborazione di Gherardo Colombo, progettato e pubblicato dalla Fondazione Roberto Franceschi Onlus per le scuole e la cittadinanza.

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Leggi in anteprima il commento ai primi 12 articoli della Carta costituzionale: art. 1 | art. 2 | art. 3 | art. 4 | art. 5 | art. 6 | art. 7 | art. 8 | art. 9 | art. 10 | art. 11 | art. 12.

Video realizzato dall’ITIS Molinari di Milano