Il ministro dell’Istruzione Giannini ha detto che bisogna superare i pregiudizi sulle paritarie (e sui relativi fondi) per badare solo alla qualità
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Il destino degli embrioni nel vuoto giuridico
A qualsiasi coppia il giudice decida di assegnare la titolarità genitoriale rispetto ai gemellini frutto di uno scambio di embrioni non si tratterà di una sentenza giusta.
Una politica per i poveri
A mancare non sono tanto le risorse economiche, pur notevoli, quanto la volontà politica di fare del sostegno a chi si trova in povertà una priorità dell’agenda politica.
Le nuove geometrie delle disuguaglianze
Un benessere fragile, poco equo, perciò difficilmente sostenibile. È il quadro che emerge
dal secondo rapporto, appunto, sul Benessere equo e sostenibile preparato dall’Istat e
dal Cnel
Non è un paese per giovani
L’immagine che emerge dal rapporto annuale dell’Istat mostra un paese che non riesce ad affrontare i nodi che ne hanno determinato la debolezza già da prima dell’inizio della crisi mondiale e che ora ne frenano la ripresa
Il capitale bambino
Fin dalla prima infanzia, ai bambini e ragazzi vengono offerte meno risorse proprio là dove sarebbe necessario offrirne di più
La scelta delle madri
L’Italia è tra i Paesi sviluppati uno di quelli che più scoraggia l’occupazione femminile, con effetti negativi per lo sviluppo e la competitività.
«Aumento drammatico, il tenore di vita è in picchiata»
«Anche nel caso di una ripresa dell’economia, per riparare i profondi danni sociali prodotti dalla crisi servirà molto tempo»
Il reddito minimo sparito dall’agenda
L’introduzione di un reddito minimo per i poveri di tipo non categoriale è stata cancellata dall’agenda politica. Il Governo Renzi si interessa solo di lavoratori con scarso reddito o disoccupati. Dimenticando chi non è mai entrato nel mercato del lavoro.
L’Europa asimmetrica e le tre crisi dei welfare
Gli occhi di Bruxelles sono tutti per il deficit di bilancio. Ma il deficit sociale di molti paesi con i tassi di povertà assoluta che aumentano, la disoccupazione che cresce, le politiche di conciliazione che non vengono neppure più nominate, non produce richiami né ri-pensamenti delle politiche di austerità