Le stagioni della nostra paura

Lo Spread ci ha cambiato l’umore, la siccità ci ha allarmato, la crescita demografica mondiale (e, contemporaneamente, la bassa natalità italiana) ci ha demoralizzato, il terrorismo islamista ci ha inquietato...E poi l’ecologia, e il nucleare...E ora il coronavirus, che rischia di trasformare ogni starnuto su un treno in «Cassandra Crossing». Viviamo circondati da una retorica apocalittica che ha inquinato tutti gli spazi di discussione

Albert Camus il marziano

Il 4 gennaio 1960 moriva in un incidente d’auto mai del tutto chiarito lo scrittore francese nato in Algeria. All’appuntamento con il destino arriva provato dalla vita e dal carattere: prima la spaventosa querelle con quel teppista di Sartre e la sua cricca dalla quale sente di essere uscito malconcio; poi il soffocante timore di avere perso il dono; infine il Nobel, un premio che molti giudicano prematuro. Insomma, ecco Camus a poco più di 45 anni: un estraneo e un adolescente assediato da paranoie e complessi

Saul Bellow Il romanziere che viene dal Settecento

In effetti, a guardarli bene, i suoi libri vantano più debiti con la narrativa settecentesca che con quella realista a cui vorrebbero ispirarsi. Lui, proprio come quei geniali pazzoidi precursori, concepisce il romanzo come una performance clownesca. Gli piace fare il saccente, lo spiritoso, il saltimbanco. Apre parentesi e divaga come Henry Fielding e Laurence Sterne; dà conto di improbabili viaggi picareschi come Daniel Defoe; moraleggia e satireggia alla maniera di Jonathan Swift; ha un gusto del malaffare e del libertinaggio che non ha nulla da invidiare ad Antoine François Prévost e a Pierre Ambroise-François Choderlos de Laclos. La verità è che Bellow quando scrive non ha paura di niente