Le parole del cielo e della terra

Solo una sinfonia di voci è adeguata al dialogo con Dio

Il primo segnale che ci dice che abbiamo a che fare con una idolatria

e non con una fede, è il disprezzo per le fedi degli altri.

E la pretesa di opporre ragione e fede non fa del mondo

la terra della libertà, ma lo riempie di totem.

La lezione impartita ai piedi del Sinai è anche quella

che nelle comunità umane la creazione di livelli intermedi di potere

non è garanzia di maggiore democrazia

e di vera partecipazione al governo:

può diventare un modo per fare più alta la piramide del faraone

La gratuità che sa parlare

La principale fatica di chi vive o accompagna processi di liberazione

è restare liberi dopo essere stati liberati.

Chi governa cercando sempre il consenso di tutti o della maggioranza del popolo,

può essere un buon leader nella vita ordinaria dei "campi di lavoro",

ma non salva nessuno nei momenti delle grandi prove collettive.

Ecco la liberazione più grande

Oggi noi viviamo una grande epoca idolatrica, probabilmente la più grande di tutte.

Abbiamo ridotto il trascendente a manufatto, riempito il "cielo" di cose che non saziano mai.

Ma gli imperi idolatrici puri non durano a lungo: passerà presto anche la scena di questo capitalismo divoratore.

Le piaghe degli imperi invisibili

C’è un punto oltre il quale la sofferenza diventa talmente profonda e radicale da impedire di ascoltare i profeti e le loro promesse.

Quando gli imperi cominciano a vacillare, i dominatori chiamano i maghi, gli aruspici, gli indovini, che li tranquillizzano.

Ieri con le piaghe delle rane e delle zanzare, oggi con quelle della finanza e dei cambiamenti climatici.