Pronto, chi parlava? Era il telefono. E ora…

Trent’ anni fa partì (e arrivò) il primo Sms, di due parole: «Merry Christmas». Fu l’ultima tappa di un percorso dettato dalla tecnologia ma con un impatto decisivo sulla lingua parlata e scritta. Già agli albori del telegrafo ci si poneva il tema di come farsi capire in modo chiaro e corretto pur in un contesto di sintesi estrema. Si è arrivati all’ e-taliano, agli emoji, agli sticker

Car* tutt* diteci con quali segni dobbiamo scrivere

La proposta dello schwa o  dell'asterisco  per rendere l'italiano più inclusivo in relazione al genere è solo l'ultimo esempio:  tanti letterati avevano suggerito caratteri particolari per aggiornare la lingua. Tentativi falliti. Perché le riforme non si calano dall'alto. E perché il moltiplicarsi delle scritture spontanee nell'era digitale non ha più regole nei riferimenti

Non portate a scuola l’italiano di una volta

È uno dei paradossi che incatenano i nostri dibattiti sull’istruzione: se quando si parla di ricerca si pensa al futuro, quando ci si riferisce alla scuola si guarda al passato, alle antiche certezze del vecchio metodo di una volta, soprattutto a proposito dell’insegnamento dell’italiano. Ma sarebbe bizzarro sostenere che occorra studiare la biologia o persino la storia su libri che risalgono a più di cinquant’anni fa: il mondo è cambiato e sono cambiate le nostre conoscenze. Lo stesso vale anche per l’italiano. I metodi e i contenuti vanno aggiornati proprio perché, come ricordava Tullio De Mauro, l’obiettivo di uno Stato democratico è che la nostra lingua sia conosciuta e praticata sempre meglio