Abstract a cura della Redazione FRF
Attualmente nelle economie avanzate il reddito medio del 10% più ricco della popolazione è all’incirca nove volte il reddito medio del 10% più povero. Il coefficiente di Gini, misura standard della disuguaglianza che varia da 0 (situazione di perfetta uguaglianza di reddito) a 1 (situazione di perfetta disuguaglianza in cui la persona più ricca percepisce la totalità del reddito del paese), è cresciuto nei paesi OCSE da un valore medio di 0.29 per persone in età da lavoro a metà degli anni ottanta a un valore di 0.316 alla fine degli anni duemila. Più precisamente, la disuguaglianza è cresciuta in 17 dei 22 paesi OCSE per cui sono disponibili dati relativi al periodo in questione.
Il recente rapporto OCSE Divided we Stand: Why inequality keeps rising indaga le cause dell’aumento della disuguglianza nella distribuzione del reddito. Il fattore più importante appare la crescita della disuguaglianza nei salari, che rappresentano circa i tre quarti delle entrate delle famiglie all’interno della popolazione in età da lavoro della maggior parte dei paesi OCSE. Nella maggioranza dei casi, i guadagni del 10% più ricco dei lavoratori sono cresciuti più di quelli del 10% più povero; gli aumenti più consistenti riguardano l’1% più ricco o in alcuni paesi soltanto lo 0.1% più ricco.
Tra le scoperte emerse dallo studio, il modesto impatto avuto dalla globalizzazione sulla disuguaglianza dei salari e sul tasso di occupazione nei paesi OCSE. Il progresso tecnologico ha invece portato a un aumento del divario tra i guadagni dei lavoratori con competenze di alto livello, per esempio nei settori delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e quelli di lavoratori con competenze di livello più basso. Inoltre, riforme regolative e cambiamenti istituzionali che miravano a rafforzare la competitività dei mercati di beni e servizi e rendere più adattabile il mercato del lavoro hanno aumentato le opportunità di impiego ma al tempo stesso, avendo permesso in particolare l’occupazione di molti lavoratori a basso stipendio, hanno contribuito ad aumentare la disuguaglianza dei salari, come del resto l’aumento del lavoro part-time e dei contratti atipici e il declino della contrattazione collettiva in molti paesi.
Il cambiamento della struttura delle famiglie, con un numero crescente di famiglie monoparentali, ha prodotto una diversificazione dei redditi familiari riducendo le economie di scala. Nelle famiglie biparentali il tasso di occupazione delle mogli degli uomini con i redditi più alti ha registrato l’incremento maggiore. È inoltre cresciuta la tendenza a scegliere i partner all’interno della propria fascia di reddito, contribuendo all’aumento della disuguaglianza seppure in misura ridotta rispetto ai cambiamenti del mercato del lavoro.
Per quanto riguarda la distribuzione di reddito non derivante da lavoro, la disuguaglianza dei redditi da capitale è cresciuta più della disuguaglianza degli stipendi nei due terzi dei paesi OCSE, anche se la quota di redditi da capitale all’interno dei redditi totali delle famiglie rimane modesta, intorno al 7%.
Infine, tasse e sussidi, pur contribuendo a ridurre in media di un quarto la disuguaglianza all’interno della popolazione in età da lavoro misurata dal coefficiente di Gini, sono risultati meno efficaci nella redistribuzione del reddito rispetto a quanto avveniva a metà degli anni novanta, a causa di tagli al livello dei sussidi e alla restrizione dei criteri di idoneità per contenere la spesa pubblica destinata alla protezione sociale.
La crescita della disuguaglianza rischia di soffocare la mobilità sociale, con un impatto inevitabile sulla performance economica complessiva, generando inoltre sentimenti populisti, protezionisti e anti-globalizzazione. Alla politica spetta dunque il compito di combattere la disuguaglianza promuovendo l’occupazione, in particolare per quanto riguarda impieghi che offrano prospettive di carriera. L’investimento nel capitale umano è essenziale, sia a livello di formazione sul lavoro sia di accesso all’istruzione terziaria: il numero crescente di lavoratori qualificati emerge come fattore in grado di compensare in misura significativa l’aumento della disuguaglianza dei salari e aumentare il tasso di occupazione. I governi dovrebbero inoltre riconsiderare le loro politiche relative a tasse e sussidi al fine di aumentare i loro effetti redistributivi. Al tempo stesso, è importante fornire servizi pubblici accessibili e di alta qualità: la spesa per istruzione, sanità e cura familiare riduce la disuguaglianza in media di un quinto nei paesi OCSE.
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