La chiusura delle scuole è stata una delle conseguenze più visibili che la pandemia ha avuto sulla società. L’impatto della chiusura delle scuole sull’apprendimento dei bambini ha destato preoccupazione fin da subito. Con il passare del tempo, la preoccupazione si è estesa alle conseguenze della chiusura delle scuole sul benessere psicologico dei bambini, ma l’evidenza empirica a questo riguardo è scarsa.
In un nuovo lavoro, i cui risultati preliminari si possono consultare qui, io e alcune colleghe usiamo dati dello UK Household Longitudinal Study (UKHLS) per analizzare l’impatto della chiusura delle scuole sul benessere emotivo e comportamentale di bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni, misurato tramite il Questionario sui punti di forza e di debolezza (Strengths and Difficulties Questionnaire, o SDQ) somministrato alle madri dei bambini. Per stimare l’effetto causale della chiusura delle scuole facciamo leva sul fatto che, dopo un’iniziale chiusura di oltre due mesi, dal primo di giugno a metà luglio, le scuole sono state riaperte solamente per i “gruppi prioritari” (i bambini iscritti a tre specifici anni scolastici: “Reception year”, primo e sesto anno, ossia i bambini con un’età, rispettivamente, di 4/5, 5/6 e 10/11 anni). Di conseguenza, per i bambini dei gruppi prioritari, le scuole sono rimaste chiuse da fine marzo a fine maggio, mentre per i bambini dei gruppi non prioritari le scuole sono rimaste chiuse per ulteriori sei settimane.
Confrontando i risultati dell’SDQ dei bambini dei gruppi prioritari e non prioritari prima della pandemia e a fine luglio 2020, ossia all’inizio delle vacanze estive, si possono stimare i costi emotivi e comportamentali sul breve periodo di sei settimane aggiuntive di chiusura delle scuole. I dati sull’SDQ raccolti a fine settembre, invece, possono essere usati per studiare se questi effetti persistano anche dopo tre o quattro settimane di scuola in presenza.
Risultati principali
- La pandemia ha portato ad un aumento delle difficoltà emotive e comportamentali dei bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni. Il questionario SDQ permette di derivare una misura riassuntiva delle difficoltà emotive e comportamentali dei bambini. Confrontando questa misura calcolata sui dati raccolti prima della pandemia e la medesima misura calcolata sui dati raccolti nel luglio 2020, si registra un aumento del 14% delle difficoltà emotive e comportamentali.
- L’aumento delle difficoltà emotive e comportamentali è più pronunciato tra i bambini dei gruppi non prioritari, a cui sono state offerte sei settimane di didattica in presenza in meno rispetto ai bambini dei gruppi prioritari. Le nostre stime suggeriscono che queste sei settimane aggiuntive di interruzione della scuola in presenza siano costati ai bambini dei gruppi non prioritari un aumento delle difficoltà emotive e comportamentali pari al 40% di una deviazione standard, corrispondente al 27% del livello medio di difficoltà emotive e comportamentali registrato prima della pandemia.
- L’aumento delle difficoltà emotive e comportamentali riscontrato per i bambini dei gruppi non prioritari è trainato da un aumento di iperattività e problemi comportamentali e, seppure in maniera minore, da una diminuzione dei comportamenti prosociali.
- Le difficoltà emotive e comportamentali sviluppate durante la pandemia persistono nel tempo, soprattutto nel caso dei bambini le cui scuole sono rimaste chiuse più a lungo.
- L’aumento delle difficoltà emotive e comportamentali rilevato per i bambini dei gruppi non prioritari non sembra venire dal fatto che le madri dei bambini dei gruppi non prioritari potrebbero aver risentito loro stesse della chiusura delle scuole e avrebbero pertanto riportato un’immagine eccessivamente negativa del comportamento dei propri figli. Restringendo il campione a famiglie con più di un figlio e confrontando i risultati dell’SDQ dei bambini dei gruppi prioritari e i risultati dell’SDQ dei loro fratelli e sorelle dei gruppi non prioritari, troviamo risultati analoghi a quelli ottenuti utilizzando il campione più ampio: i bambini dei gruppi non prioritari presentano maggiori difficoltà emotive e comportamentali.
- I risultati preliminari discussi qui sopra non tengono conto che, anche nel caso dei gruppi prioritari, la frequenza della scuola durante la pandemia non è mai stata resa obbligatoria. Allo stesso modo, la frequenza per i gruppi non prioritari non è stata completamente interdetta e le scuole sono sempre rimaste aperte per i bambini vulnerabili e i figli dei lavoratori indispensabili. Se si considerano questi fattori, gli effetti da noi calcolati sull’impatto della chiusura delle scuole sul benessere dei bambini potrebbero persino risultare sottostimati.
- Riassumendo, il nostro studio suggerisce che gli effetti della chiusura delle scuole sul benessere psicologico dei bambini sono sostanziali e non necessariamente transitori. La riapertura delle scuole è un passo importante per un ritorno alla normalità, ma non sembra essere sufficiente. Sarà invece necessario che le scuole forniscano un supporto psicologico aggiuntivo e duraturo agli alunni.
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