Enzo Balboni è docente di Diritto costituzionale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
In questo momento il diritto alla tutela della salute viene garantito ai cittadini?
In questo momento di grandissima difficoltà ed emergenza il diritto alla tutela della salute è garantito ai cittadini. Questa volta si è visto che quel “fondamentale” diritto del cittadino che è scritto nell’art. 32 anche interesse della collettività viene garantito per quanto è possibile perché l’universalità del servizio, la sua gratuità e l’universalità della cure vengono garantiti, in una situazione certamente non facile perché si tratta di far fronte ad una situazione del tutto eccezionale.
La delega alla Salute alle Regioni è coerente con l’art. 32 della Costituzione? In caso affermativo, lo è anche in caso di emergenza sanitaria?
Quando si stabilì con la Costituzione del ’48 la distribuzione delle competenze in materia di tutela della salute (anche se allora non si chiamava così), si pensò che le Regioni potessero affiancare lo Stato ed essere le prime responsabili sotto il profilo dell’organizzazione e del funzionamento. Cioè, il diritto alla tutela della salute restava di carattere nazionale, universale, globale e gratuito, ma l’organizzazione e il funzionamento spettavano alle Regioni. Questa è per le Regioni la più importante delle competenze loro attribuite.
Non vedrei possibile senza adeguata riflessione, anche di fronte a qualche caduta o lacuna che ci sono state nell’organizzazione e nel funzionamento, cambiare totalmente e radicalmente modello. Io, personalmente sono a favore di un ragionevole uso della differenziazione dei sistemi di organizzazione e funzionamento nella tutela della salute tra modellistiche diverse. Quella della Regione Lombardia o della Regione Veneto, e anche quella della Regione Toscana e della Regione Emilia Romagna, sono per alcuni profili differenti, ma valide tutte. Quindi io manterrei l’impostazione regionalista che abbiamo.
In questo momento il diritto al lavoro viene garantito ai cittadini?
Confermata l’estrema difficoltà del momento che stiamo vivendo, anche il diritto al lavoro di cui parla l’art. 4 viene, non direi del tutto garantito ai cittadini, ma si fa di tutto per rendere possibile la più ampia occupazione, perché a quelli che non la possono avere per circostanze legate alla situazione di salute viene almeno dato un sussidio: la cassa integrazione guadagni o altro contributo per i lavoratori autonomi. In tal modo, sia pure imperfettamente, si cerca di sopperire a questo stato di grave difficoltà. Ma, se stiamo agli elementi costituzionali di base, il Governo e poi il Parlamento, quando agiscononel loro specifico ruolo, stanno facendo quanto è possibile per garantire il diritto al lavoro dal punto di vista della possibilità di riuscire a mantenere la propria famiglia.
Il DPCM (decreto del presidente del consiglio dei ministri) è lo strumento costituzionalmente corretto per gestire l’emergenza sanitaria?
Certamente intervenire su questa materia è cosa complicata perché la fonte migliore sarebbe la legge del Parlamento, e questa certamente non è possibile adoperarla in questa situazione di eccezionalità. Allora ci sarebbe il decreto legge, che infatti è stato utilizzato dal nostro Governo. Il decreto legge quando tocca posizioni di diritti, come è il diritto alla libertà personale, alla libertà di movimento, alle restrizioni sulle libertà di riunione, è sempre preferibile ai DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri), perché questi giocoforza, spesso, non sono soltanto attuativi o realizzativi ma vanno al di là. Tutte le volte che è possibile è meglio utilizzare un decreto legge che passa da un’emanazione controllata dal Presidente della Repubblica e poi da un vaglio Parlamentare. Ciòè sempre meglio di un atto amministrativo pur solenne come il DPCM.
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