Padre Carlo D’Antoni, un parroco “colpevole di solidarietà” verso oltre 25.000 migranti

Padre Carlo D'Antoni

Chi è Padre Carlo D’Antoni, Parroco di Bosco Minniti (Siracusa), che porterà la sua testimonianza al convegno “Troppa accoglienza? I rifugiati e la coscienza europea” (30 settembre, Università Bocconi), organizzato dalla Fondazione Roberto Franceschi Onlus con il Centro Dondena dell’ateneo

Carlo D’Antoni, nato a Siracusa sessantadue anni fa. Entrato da ragazzo nel seminario diocesano, è stato ordinato sacerdote nel 1979 dopo il ciclo di studi presso lo Studio teologico San Paolo di Catania.
Fin dal primo incarico come vice parroco in un paesino ha avuto l’esperienza di “imbattersi” in persone che vivevano ai margini della società a causa di problemi legati alla droga o disagi esistenziali. E fin da subito lo stile dell’accoglienza e della solidarietà si è manifestato nella gioia della creazione di relazioni familiari.
Un giorno (era il 1988) vennero a chiedergli aiuto due ragazzi del Vietnam. Fu l’inizio di un flusso costante di immigrati che da oltre trent’anni ormai transita dalla sua vita. Attualmente vivono nella sua casa in parrocchia 20 giovani africani. Negli ultimi dieci anni nella sua parrocchia ne sono passati oltre venticinquemila. Spesso, contemporaneamente, sono stati in oltre cento. In questi casi la chiesa stessa si è trasformata in dormitorio, sala da pranzo, sala delle feste. Tutti, dopo l’ottenimento del permesso di soggiorno sono ripartiti e ripartono con lo zaino pieno di dignità e le scarpe ai piedi. Sono entrati a far parte di questa immensa famiglia anche i lavoratori stagionali che abitano in condizioni disumane nelle campagne del siracusano.
Non sono mai mancate le difficoltà e la lotta contro i pregiudizi, l’indifferenza e il razzismo anche. Ha assaggiato pure l’esperienza degli arresti domiciliari, perché, al di là delle accuse infamanti, lui e i suoi volontari erano “colpevoli di solidarietà”.
Da ventisei anni è parroco nel rione Bosco Minniti alla periferia di Siracusa. Gli immigrati vivono con lui e si autogestiscono egregiamente, nonostante l’assenza di qualunque contributo da parte degli enti pubblici e degli enti privati. A tutt’oggi il lavoro dei suoi collaboratori è concentrato sull’emergenza a causa del continuo flusso di diseredati di tutti i tipi che vengono accolti anche se ridotti a “clandestini”, espulsi, schiavi nelle piantagioni del siracusano. E insieme si risale la china della legalità trovando ostacoli là dove invece l’accoglienza e la legalità dovrebbero essere di casa.

Vai al programma del convegno “Troppa accoglienza? I rifugiati e la coscienza europea” – 30 settembre ore 9.00 Università Bocconi, Milano

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