I mercati finanziari offrono la possibilità di trasferire le risorse da unità in surplus a unità in deficit: tale funzione è essenziale per l’economia di un paese perché permette un’efficiente allocazione del capitale contribuendo ad accrescere la produzione ed il benessere. Nei paesi in via di sviluppo, ed in particolare in quelli più poveri, ciò rappresentava un’utopia fin quando il professor Muhammad Yunus decise di intraprendere la strada del microcredito, di cui il credito di gruppo costituisce la forma più diffusa. In ambienti dove la scarsa conoscenza del progetto finanziato aumenta la presenza di asimmetria informativa e le cattive condizioni igenico-sanitarie accrescono il rischio di default per malattie o decessi, il sistema del microcredito si diffonde e riscuote un grande successo. Esso è considerato uno dei più importanti strumenti per lo sviluppo economico dei paesi dell’emisfero meridionale caratterizzati da un’elevata povertà. Questa innovativa forma di accesso al credito per i poveri, che non possono garantire un collaterale, si sta dimostrando efficace nel dare loro un’adeguata autonomia finanziaria e nel sostenere l’avvio di nuove attività economiche.
Il sistema del microcredito, ideato da Yunus nella seconda metà del novecento in Bangladesh e riproposto poi in molteplici zone del mondo, rappresenta oggi il terzo canale di credito in numerosi paesi in cui la povertà è largamente diffusa. I creditori sono frequentemente organizzazioni non governative e i debitori sono soggetti poveri che vogliono iniziare o migliorare un’attività economica. I prestiti erogati sono destinati in gran parte alle donne ed utilizzati per la loro attività di agricoltura, allevamento e artigianato.
Come anticipato, il credito di gruppo costituisce la struttura più frequente: chi vuole prendere a prestito deve costituire su base volontaria un gruppo. Infatti, seppur i prestiti siano personali, i membri del gruppo hanno responsabilità solidale sulla somma erogata, la quale nella maggior parte dei casi viene suddivisa in parti uguali fra i membri. Dal momento in cui l’insolvenza di uno ricade su tutto il gruppo, si innesca un efficiente fenomeno di monitoraggio reciproco, il quale determina elevati tassi di rientro dei prestiti pari a 90%. Il modello del microcredito viaggia su un equilibrio perfetto: se, da un lato, gli individui di un gruppo riducono il loro potenziale profitto per coprire un membro insolvente, dall’altro lato, ottengono un risparmio grazie ad un tasso di interesse più basso governato da una minore probabilità di avere un default.
Un’altra determinante del successo del microcredito è la sua peculiare struttura: i prestiti erogati sono di ammontare ridotto ma crescente nel tempo, la scadenza è a breve termine e le rate di rimborso sono di piccole dimensioni ma frequenti. Tutto ciò conduce all’instaurazione di un rapporto duraturo nel tempo tale da rendere i singoli membri economicamente stabili e indipendenti.
Uno dei principi cardine del credito di gruppo è l’organizzazione di riunioni periodiche pubbliche fra l’istituzione erogatrice e le clienti. La frequenza e la partecipazione a queste riunioni sono esattamente l’oggetto dell’analisi condotta sul progetto pilota organizzato da The Small Enterprise Foundation (SEF), il quale modificava proprio questi aspetti all’interno della propria policy.
SEF è un’istituzione di microfinanza sudafricana no profit fondata nel 1992 con l’obiettivo di combattere la povertà in maniera sostenibile fornendo credito ai poveri e, più in generale, creando un ambiente dove i servizi finanziari possano favorirne lo sviluppo. In particolar modo, SEF permette ai poveri di aumentare il proprio reddito attraverso microcredito e li assiste nell’accumulazione del risparmio. Questa istituzione ha circa 113.116 clienti attivi con un portafoglio che si aggira intorno ai 233 milioni di Rand. Il 99% dei clienti è di sesso femminile. La sede centrale di SEF è localizzata a Tzaneen, nella provincia del Limpopo, ma l’organizzazione serve le aree rurali di cinque provincie fra le più povere del Sudafrica. I programmi di microcredito di SEF utilizzano la metodologia di prestito a gruppi ideata da Yunus: quando una nuova cliente richiede un prestito, ella deve formare un gruppo con altre quattro donne. I gruppi appartenenti ad una stessa area geografica formano un centro il quale si deve riunire con l’amministrazione di SEF nei Centre Meeting. Le transazioni finanziarie, l’identificazione di problemi ed il supporto di SEF alle clienti hanno luogo proprio durante queste riunioni periodali. I Centre Meetings devono seguire un’agenda la quale li scandisce ogni quindici giorni. Sono previsti un incontro ‘mensile’ durante la prima o la seconda settimana del mese ed un incontro ‘quindicinale’ rispettivamente la terza o la quarta settimana del mese con lo scopo di enfatizzare sia l’aspetto finanziario sia quello sociale; infatti durante l’incontro mensile si provvede al sistema dei pagamenti del prestito, mentre nel secondo incontro si sviluppa l’aspetto sociale.
I Centre Meetings sono considerati un fattore determinante per il successo del credito di gruppo perché essi rappresentano uno spazio per l’interazione sociale permettendo dunque la costruzione e lo sviluppo del capitale sociale (nei termini di reti relazionali, norme sociali e reputazione). Esso costituisce proprio un sostituto delle tradizionali forme di garanzia infatti un’interazione più frequente fra i clienti e l’istituzione consente ai membri del gruppo di accumulare capitale ma allo stesso tempo rende più facile all’istituzione implementare la responsabilità in solido.
Nella letteratura inerente, la frequenza degli incontri è stata utilizzata come proxy per misurare il capitale sociale: a frequenze più alte sono associati migliori risultati in termini di rimborso delle rate e accumulo del risparmio. Allo stesso tempo, però, i Centre Meetings rappresentano un costo per le clienti sia in termini reali, come costi di trasporto per recarsi all’incontro, sia in termini d’opportunità individuati nel mancato incasso dovuto all’assenza sul luogo di lavoro. Questo disagio è stato segnalato da numerosi clienti di SEF e si è tradotto prima in una bassa partecipazione ai meetings poi nell’abbandono dell’organizzazione.
A fronte di ciò, nel maggio 2014, SEF ha lanciato un progetto pilota dal titolo “Non Centre Meeting Pilot” che prevedeva la riduzione della frequenza degli incontri da quindicinale a mensile per i gruppi dei centri Tlatja e Trichardsdal per i mesi da maggio 2014 ad aprile 2015. Inoltre non vi era più richiesta la partecipazione dell’intero gruppo, ma solamente un rappresentante per gruppo era chiamato a presenziare all’incontro. Questo progetto ha dunque rappresentato l’opportunità di esplorare se esistono differenti metodi per sviluppare efficacemente il capitale sociale i quali sono meno onerosi per le clienti.
Gli obiettivi della ricerca svolta erano di stimare quantitativamente l’impatto della riduzione dei Centre Meetings sulle variabili chiave di performance, in particolare ritardi nei pagamenti e andamento dei risparmi, e di investigare sulla comprensione del pilot fra le clienti e le sfide affrontate. Per stimare quantitativamente l’impatto della riduzione sulle variabili d’interesse sono stati raccolti dati presenti all’interno di report redatti ad ogni riunione e sono stati analizzati tutti gli scontrini dei pagamenti per ricercare ed individuare tutti i rimborsi avvenuti in ritardo: sintomo di una difficoltà economica nel pagamento e di una mala organizzazione all’interno del gruppo. Il secondo obiettivo, più di carattere qualitativo, si prometteva di investigare ed indagare sul livello di comprensione delle regole del pilot da parte delle clienti e scoprire i problemi sorti con la nuova metodologia. Per questo è stato amministrato un sondaggio a 255 clienti.
L’analisi svolta ha riscontrato un impatto del “Non Centre Meeting Pilot” complessivamente negativo. I risultati ottenuti mostrano che nei gruppi appartenenti a centri dove si è sperimentato il cambiamento, in media si sono verificati circa il doppio dei ritardi nei pagamenti ed il 10% in meno di risparmi. Alla luce di ciò, l’analisi dei sondaggi è stata orientata proprio alla ricerca delle ragioni del fallimento e alla comprensione dei problemi riscontrati. Scartando le cause del fallimento inizialmente ipotizzate (scarsa comprensione delle regole e scarsa fiducia nel rappresentante del gruppo) per mancanza di risultati significativi, un’analisi più approfondita delle interviste ha rivelato la presenza di diverse carenze. Le clienti non erano in grado di mettere in pratica le regole del pilot a causa di una policy non sufficientemente dettagliata e di una implementazione poco curata. Tra i principali problemi riscontrati si identificano le difficoltà nel riconciliare i pagamenti e feedback dei rappresentanti non completi e corretti: tutti segnali di una debole disciplina e organizzazione del gruppo.
A fronte dei risultati trovati, è possibile concludere che l’esperimento sudafricano analizzato confermi il filone di letteratura sul microcredito tale per cui una maggiore frequenza delle riunioni conduce a performance finanziarie migliori. Le clienti dei programmi di microcredito hanno bisogno di questi incontri di socializzazione per aumentare il loro capitale sociale e le loro competenze economiche e finanziarie.
Il sistema del microcredito, in grado di migliorarsi e innovarsi ogni giorno, sta conducendo una rivoluzione sociale ed economica ancora silenziosa, ma che può rappresentare una speranza concreta di risolvere finalmente il problema della povertà.
Testo integrale della ricerca
“Centre Meetings” e “Non Centre Meetings”: l’esperienza-pilota di alcune filiali di SEF in Sudafrica
Nella foto: Susanna Parravicini con un gruppo di donne presenti a un Centre Meeting, oggetto dell’analisi condotta.
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