Andrea Rossi è Direttore del programma “Measurement and Human Rights” ad Harvard presso la Kennedy School of Government. Laureato al DES e vincitore del premio Roberto Franceschi nel 1998 con la tesi intitolata “Bambini lavoratori: il caso dei quartieri popolari di Lima”, ha lavorato in questi anni come funzionario delle Nazioni Unite prima con l’International Labour Organization in Tanzania, come responsabile dei progetti sul lavoro minorile in Africa Orientale, e poi con UNICEF come research coordinator presso l’Innocent Research Center; è stato poi nominato senior advisor su temi come traffico di minori e migrazione di bambini presso la sede ONU di New York. Al momento, dirige ad Harvard un programma di sviluppo di metodi di misurazione dell’impatto e dello stato di avanzamento degli interventi relativi all’applicazione dei diritti umani. Si occupa inoltre della formazione dei futuri funzionari italiani (JPO) alle Nazioni Unite.
I bambini sono tra i soggetti più coinvolti dal fenomeno dei flussi migratori. Ciò sia come soggetti attivi, quando lasciano i loro luoghi di nascita, sia come soggetti che patiscono le conseguenze quando restano nelle famiglie d’origine, ma in assenza di uno o entrambi i genitori. In particolare quest’ultima situazione è ormai talmente diffusa in molte nazioni africane da essere considerata come una “normale” esperienza dell’infanzia.
Una valutazione più scientifica e precisa dell’impatto dell’immigrazione sui bambini non è tuttavia semplice. In primo luogo perché richiede l’adozione di standard e parametri non esclusivamente economici, come quelli che vengono comunemente impiegati nel caso degli adulti. Vanno dunque considerati aspetti legati alla tutela della salute, all’educazione, all’equilibrio psico-sociale, e così via, e ciò sia nel caso dei bambini migranti sia in quello di bambini “left behind”.
Valutazioni e confronti nei due casi (migranti e left behind) sono state realizzate da diverse fonti, tra cui Unicef e Nazioni Unite e hanno talora condotto a risultati non scontati.
In tutto questo, come intuibile, un ruolo centrale è rivestito dall’entità e specialmente dall’impiego delle rimesse. In particolare per i bambini left behind, infatti, l’emigrazione di un genitore può rappresentare non solo il miglioramento materiale delle condizioni di vita, ma anche l’opportunità di una formazione scolastica più prolungata e completa. Non è tuttavia automatico che ciò avvenga e comunque non vanno sottovalutati gli aspetti negativi legati alla condizione di soggetto o di vittima dei flussi migratori.
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